Lezioni di scrittura: la danza dei Cinque

(di Luciano Sartirana)

Ogni testo di narrativa è composto da cinque elementi…
sono stili, punti di vista, situazioni, forme della realtà da narrare!

L’azione è ciò che accade all’Io narrante, al protagonista,
alle persone attorno, alle città dove ambientiamo la storia o al pianeta tutto.
Chi è implicato nell’azione può avere un ruolo attivo, cioè la provoca, la decide, la fa accadere, la
interpreta; oppure passivo, nel senso che gli capita, lo aggredisce o gli succede accanto.
Azione è l’acquisto di un biglietto del tram, il lungo viaggio, una sparatoria, la corsa a casa sotto
il temporale.
Descrivi l’azione in modo chiaro, fai capire cosa succede senza lasciare dubbi, non mettere troppi
particolari.

Il dialogo porta avanti gli eventi, aggiunge informazioni, descrive i rapporti fra le persone e il loro
mondo interiore.
Il dialogo diretto avvicina moltissimo la narrazione ai personaggi
e al lettore, come il primissimo piano nel cinema.
Evita il più possibile il dialogo indiretto.
Chiediti qual è il tema della conversazione e vai dritto al punto.
Assegna cinque battute per dialogante, poi ne aggiungi o ne togli.
Evita i convenevoli, i normali saluti a inizio e fine dialogo.
Rileggi i tuoi dialoghi a voce alta, così capirai se sono noiosi.
Fai parlare ciascuno dei tuoi personaggi in modo diverso.

La descrizione sembra un’arte passata di moda. In realtà, è sempre importante dare un’occhiata
alle stanze, agli oggetti, alle auto, ai monti e ai cartelli pubblicitari, al taglio di luce,
alla meteorologia… completano l’atmosfera del racconto, ci collocano i personaggi in un
preciso posto e con determinate cose fra le mani.
Crea la scenografia dove succedono gli eventi, e aiuta perfino a descrivere come i personaggi
stessi si sentono.
Non accumulare troppe cose nella descrizione, ma individua i pochi tratti che risultano
più significativi per la tua storia.

L’interiorità appare spesso come segno
di grande letteratura, ma devi renderla più concreta possibile.
Evita espressioni generiche: vago, un senso, un qualcosa, un vuoto; quasi, un po’, appena, avere l’impressione;
non usare mai gli aggettivi strano e squallido, o la forma impersonale.
Parla dello stato d’animo attraverso oggetti, piccole situazioni, ricordi, stati
fisici (es.: la solitudine è un telefono che non squilla).
Racconta come e quando è iniziato quel sentimento, lo sviluppo, cosa si è aggiunto,
se qualcuno vi è intervenuto.
Riporta le azioni anche piccole che il personaggio compie, soprattutto il suo monologo interiore.

La riflessione sei tu autrice o autore che dici la tua sulla storia, i personaggi e il loro carattere
e ciò che fanno, riassumi la trama o inserisci spunti filosofici o psicologici, persino su come va il mondo stesso.
Puoi essere pensoso o ironico, cinico e disincantato come divertito, affettuoso, nostalgico.
Puoi accostarti a uno dei tuoi personaggi e dire chiaramente ciò che pensi di lui.
Affrontare grandi temi che importunano l’umanità da millenni o brontolare per il prezzo della benzina nella tua storia.
Devi solo evitare di essere prolisso, presuntuoso, artificiale.
Scrivi ciò che pensi nel modo più diretto, sintetico, comprensibile; lima le parole, togline un po’.
O anche attribuisci la tua opinione a un personaggio minore.
Una riflessione fatta bene arricchisce e dà spessore alla trama che stai raccontando.

Una volta finito di raccontare ciò che vuoi con uno di questi elementi, prosegui scegliendo uno degli altri quattro.
Tutti e cinque ti stupiranno!

Lezioni di scrittura: ovunque nel tempo

(di Luciano Sartirana)

Di cosa parlare parlando di sé?
Di chi? In che luogo? Lungo quale periodo, da che data a che data?
Queste sono naturalmente domande essenziali, e ciascuno di noi che intende scrivere conosce già le risposte anche se a volte è necessario rifletterci, scegliere, scartare, avvicinarsi.

Ricordati un dato essenziale: nonostante le apparenze, il vero protagonista del racconto di sé non siamo noi, o chi dei nostri parenti e amici mettiamo al centro.
Il protagonista è il tempo stesso, perché ciò che in realtà interessa è il suo influsso su tutti noi sotto forma di mutamenti interiori, di domicilio, di frequentazioni, di stato di salute… anni addosso e nostalgia, oppure nuove relazioni e tanto spazio davanti, a qualsiasi età.

Prima di affrontare alcuni dettagli, troviamo fondamentale suggerire le opere di due grandissimi autori contemporanei, che hanno parlato del tempo e di sé in maniera mirabile.
Da loro impariamo il punto di vista e l’azione del mutamento:
– l’italiana Elena Ferrante, con L’amica geniale, Storia del nuovo cognome, Storia di chi fugge e di chi resta, Storia della bambina perduta;
– il norvegese Karl Ove Knausgård, con La morte del padre, Un uomo innamorato, L’isola dell’infanzia, Ballando al buio.

Inizia ora a scrivere, o meglio a progettare la tua opera.

Per primo, considera l’idea di spaccato di vita nel tempo: qual è il periodo che ti interessa?
Può riguardare te stesso, naturalmente: l’infanzia, il liceo o un altro corso di studi, quando hai vissuto in quella città, quando hai avuto una storia d’amore; puoi raccontare tutto ciò che succedeva, oppure limitarti appunto a quell’aspetto (lavoro, studi, affetti, etc.)
Oppure puoi narrare di persone vicine a te, o che hanno vissuto prima di te e con le quali tu hai comunque un legame, come nonni e genitori e, per esempio, come hanno passato gli anni della guerra fra 1940 e 1945; oppure siano emigrati da altre parti d’Italia per trovare lavoro.

È importante – per allargare la prospettiva e le cose da raccontare – chiederti perché tu voglia raccontare quel periodo: per capire meglio alcune cose o svelare segreti di vario tipo, per nostalgia dei molti ricordi, come debito verso persone che ti hanno dato tanto, per la curiosità verso un periodo da raccontare attraverso di te.

La cosa più immediata da fare è raccogliere e scrivere i fatti più importanti o che ritieni tali – su di essi puoi cambiare idea, man mano che scrivi – o quelli che semplicemente ti sono restati meglio in mente.

Nel racconto personale, un problema molto concreto che può sorgere è: non è che qualcuno se la prenda?
Se zio Casimiro lo descrivi come un farabutto, è probabile che i rapporti si guastino…!
Di fronte a questo, Elena Ferrante ha costruito una fitta ma agile trama di nomi, relazioni, personaggi dove difficilmente persone ben precise possono essere riconosciute nonostante i tanti riferimenti… ha lavorato sul mimetismo.
Karl Ove Knausgård ha fatto l’opposto, citando persone vere per nome, cognome e circostanze… alcuni parenti lo hanno infatti querelato.
Fai tu…!

Un problema simile può riguardare te stesso: devo essere sincero fino in fondo, parlare di situazioni che mi hanno imbarazzato, le mie crisi esistenziali, i miei sentimenti più intimi?
No, ovviamente; ma chi affronta anche i lati oscuri di se stesso (il lavoro con l’Ombra) offre un livello di autenticità più alto, e troverà molti lettori che hanno vissuto le stesse cose e apprezzeranno come tu hai avuto il coraggio di raccontare.
Di certo, devi trovare il tuo stile per questo.