Bónus, poesie da supermercato.

(di Monica Frigerio)

I’m all lost in the supermarket cantavano i Clash alla fine degli anni ’70. Chissà cosa direbbero adesso se, per esempio, un sabato pomeriggio si trovassero nella ridente cittadina di Arese a passeggiare per i corridoi del centro commerciale più grande d’Europa…

Purtroppo Joe Strummer non è più in circolazione per raccontarcelo, però a farsi portavoce dell’alienazione da centro commerciale ci ha pensato Andri Snær Magnason, poeta islandese che in realtà in vita sua ha scritto un po’ di tutto, da drammi a romanzi e canzoni.

Nel 1996 ha pubblicato per la prima volta la raccolta di poesie qui presentata, che in Italia è comparsa solo quest’anno per Nottetempo con un titolo a prova di marketing: Bónus (con il 33% di poesie in più).

Bónus è la catena di centri commerciali più famosa in Islanda, ci piacerebbe pensare che in quel paese non ci siano altro che prati e pecore, qualche casetta qua e là, al più dei geyser a ravvivare ogni tanto l’atmosfera, e invece no, i supermercati sono arrivati anche lì e Andri Snær Magnason ha ben pensato di dedicargli una raccolta di poesie che nella loro semplicità e immediatezza trattano in maniera del tutto originale temi legati alla nostra contemporaneità.

L’Islanda è un paese di forti tradizioni culturali, ormai si è scritto poesia su tutto e su tutti, ci dice l’autore nella Prefazione, tant’è che persino la più sperduta delle fattorie è diventata almeno una volta oggetto di un poema. Ancora niente però sui supermercati e le storie che si dipanano tra i loro corridoi, niente sui loro prodotti disposti sugli scaffali come fossimo nella Commedia dantesca, il Paradiso nel reparto frutta e verdura, l’Inferno là dove c’è la macelleria e il Purgatorio tra i prodotti per l’igiene e la pulizia.

Perché, continua l’autore, esistono i succhi Bónus, la coca Bónus, il prosciutto Bónus e così via e non esiste anche una poesia Bónus?

Domanda legittima in questi tempi di capitalismo sfrenato. Ed ecco confezionataci una poesia realista capitalista, per l’appunto, che ci infila nel carrello il meglio dei vizi capitali: gola, lussuria e un pizzico di avarizia.

Ciò che colpisce di più delle poesie di questa raccolta è il fatto che siano poesie a’rebours, che vanno nella direzione opposta di ciò che normalmente si potrebbe considerare poetico, addirittura una vera celebrazione del mercato. Siamo abituati a poeti che si schierano contro, Magnason decide di farne parte, di vendersi. Lui non vive nel glamour di Parigi o New York, non può essere uno-di-quei-poeti, vive in Islanda, ai margini di un parcheggio da cui si intravede l’insegna Bónus, l’unica cosa che può fare è cantare ciò che lo circonda, reclamare la propria terra.

È chiara la lettura ironica di qualcosa così posto, ma il pregio dell’arte è rivoltare le cose più e più volte e, si spera, far sorgere qualche domanda, dunque il sottostrato ironico è indubbio, ma si vuole anche ragionare sulla scontata, a volte supponente, superiorità dell’uomo d’arte rispetto a quello comune. Magnason va dal proprietario della catena Bónus e questo signore, tal mister Jóhannesson, gli fa firmare lo stesso contratto che sottopone ai produttori di succhi di frutta. La poesia diventa anche un momento per interrogarsi, per chiedersi se io, produttore di versi, sono in fondo così diverso o migliore di un produttore di succhi di frutta?

Altra riflessione è sul cambiamento negli anni della relazione tra uomo e natura e come i supermercati siano diventati ormai il medium di tale rapporto. Un tempo la natura forniva all’uomo tutto il necessario nutrimento, gli era indispensabile alla sopravvivenza, ora si trova tutto comodamente tra gli scaffali di un supermercato e ciò fa cadere in fondo ogni ragione davvero sensata dell’uomo di relazionarsi con essa. Giriamo per le campagne, facciamo su e giù da una montagna solo per sport, per intrattenimento, che probabilmente se ci vedessero i nostri bis-bisnonni riderebbero di noi.

L’uomo è ciò che mangia, diceva Feurbach, ai tempi dell’homo consumus Magnason l’ha messa in questo modo:

Nonno era al 70% acqua

Nonno era al 70% il ruscello

Che scorreva dai monti

Accanto a casa

[…]

Io sono al 70% acqua

Tutt’al pù al 17% San Pellegrino

Cui sono mescolati della Coca zero e del caffè

[…]

Si è ciò che si mangia

Sono un mondo in miniatura.

Sono un Bónus in miniatura.

 

 

L’essenziale ordine di Svava

(di Luciano Sartirana)

Parlerò di “Tutto in ordine”, un libro in dodici racconti della scrittrice e donna politica islandese Svava Jakobsdóttir (1930-2004). Sono scorci di vita quotidiana, spesso con una donna fuori luogo o che si sente tale come protagonista.
Una donna invita a casa le amiche del circolo femminile per un aperitivo, insieme ai mariti per non far sentire solo il suo, ma fra i due gruppi si crea lontananza. Un’anziana vedova viene a sapere di un’agenzia che organizza feste a domicilio, e stila la lista di chi inviterebbe – defunti compresi – ora che dopo la morte del marito non la va più a trovare nessuno. Una madre riceve dall’ospedale una convocazione urgente per il sospetto di un tumore… vorrebbe dirlo al figlio adolescente – superficiale e abulico – senza riuscirci.
C’è spesso una donna che deve dire una cosa importante, ma le parole a sua disposizione sono superate dal timore di far male, scuotere ricordi, ricevere silenzi. E, in ogni brano, la maestosa quanto incombente natura dell’Islanda suggerisce di non stare troppo fuori dalla soglia, ma pare anche dire: non date la colpa a me, siete voi che non vi parlate.
Due racconti mi hanno colpito in particolare.
In Novella per i figli una madre si fa in otto per la famiglia. Le richieste – in opere e in affetto – arrivano al farle letteralmente perdere parti di sé… resta senza fegato, cuore, cervello, ma prosegue nella sua surreale dedizione a quei congiunti opportunisti.
Il ritorno rievoca l’esperienza toccata durante la Seconda Guerra Mondiale alle giovani “nella Situazione”, un modo di dire che si usava solo fra donne. L’8 luglio 1941, 50.000 marines arrivarono in Islanda dagli Usa in vista di un attacco alla Germania nazista. E “nella Situazione” c’era chi aveva avuto una storia con uno di loro. Un certo numero di ragazze subirono dicerie e ostracismi fino all’aggressione vera e propria; alcune si nascosero, altre esibirono smaccatamente costumi tradizionali o religiosità per allontanare il sospetto; le più trovarono forza nella relazione con altre donne, in una sorta di separatismo del linguaggio e dell’ironia su quanto stava succedendo.
Un libro sottile e coinvolgente, una scrittrice da scoprire.