Una forma di vita. Amélie la Grandissima.

Amélie Nothomb. Ricerca su Gugolo, cliccata del topo sull’opzione Immagini: quasi tutte le sue foto ci presentano due occhi spalancati, un’obliqua via di mezzo fra terrore e stupore attonito. Molti vi leggono cinismo, altri superiorità aristocratica e sprezzante… molte sue eroine lo sono… altre ambirebbero a esserlo… e molti personaggi maschili provocano sicuramente ansia e ribrezzo.
Il meraviglioso mondo di Amélie. Quella vera.
Di certo quei suoi occhi ci aleggiano sulla nuca mentre scorriamo la sua scrittura sublime. Quando la leggi, Amélie è dietro di te, ma sparisce subito quando ti volti per guardarla.

In “Una forma di vita” conosciamo invece un’Amélie diversa, che accetta di raccontare il suo stupore e la sua ingenuità, il suo ficcarsi curioso in situazioni abnormi, il suo uscire di casa incosciente del pericolo lasciando pure la porta aperta e il latte sul fuoco.
E che fuoco… la guerra in Iraq e la sua insulsa carneficina di aggressori e vittime (ben distinti e amati o odiati nel giusto, mica è scema). Uno sguardo attonito su una delle grandi tragedie dell’oggi e il retroterra che le ha provocate: un certo modo di esistere e di pensare statunitense.

Nothomb confessa in tutta candidità che riceve molte lettere dai suoi lettori.
Ma soprattutto: che cerca di rispondere a tutti , capirli, dire una parola sensata a ognuno. Già questo, per un personaggio famoso della letteratura, è vivere su un precipizio, perché significa che la tua sensibilità accetta di farsi carico dei deliri di molti. E con questo libro la cosa si moltiplicherà ancora.
Ma una delle lettere che le giunge ha addirittura del post-atomico: un soldato di Washington di stanza in Iraq le dice che ha letto tutti i suoi libri, e inizia a raccontarle com’è la vita da quelle parti per un soldato di Washington.
Pattugliamenti. Attacchi. Uccisioni. Spari immediati nella direzione di ogni minimo rumore. Cadaveri dietro di sé e morituri davanti a sé. Prima o poi ti può toccare.

Amélie è orripilata da tutto questo; ma è una che guarda sempre oltre all’apparenza, fruga nei retropensieri e cerca di individuare la profondità anche se perversa delle cose. Non smette di chiedere a Malvin Mapple – il nome del soldato di Washington – come vive tutto questo, e il racconto devia verso regioni inaspettate. Quando torni da un’azione cerchi un placebo, che ti placebizzi la giornata e la settimana, e che lo faccia per tutti i mesi e gli anni che sei lì. Mangi e bevi di tutto. Fino a diventare enorme, eppure ancora operativo e letale. Fino a diventare due persone di peso, e parlarle. Fino a vivere una realtà parallela e atona, una caverna platonica senza la luce dell’uscita.

Il seguito comprende ancora molte cose e molti eventi – in una suspence d’alto livello – e lo stupore della narratrice si mescola con quello del lettore di fronte a tale sconcertante racconto. Una visione di vita ci passa davanti agli occhi, quella di una nazione e di individui votati all’espansione quanto all’irrealtà, con tutto ciò che ne consegue.
Un libro magnetico, politico, attonitamente divertente.
Voltati piano… chi è che ti sta osservando, mentre leggi questo articolo?

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