Il segreto. O la vita del giorno che inizia perplessa. Clarice Lispector

Ho letto “Il segreto”, di Clarice Lispector.
Come molti altri libri della scrittrice brasiliana (1920-1977), si entra in un mondo che è quello di tutti noi (paure, persone vicini, scorci di alba, ricordi, desideri nascosti anche a se stessi, bus da prendere) senza che tutti noi ce ne si accorga. E questo avviene grazie alla magia di uno stile unico, diafano e con l’apparenza della poesia letto in un pomeriggio assolato… ma non è poesia, piuttosto percezione forte, carnalità rappresa, l’aggettivo che spiazza e apre sapienza, il verbo ripetuto vissuto nella testa e nelle gambe, l’attesa sospesa di ciò che sta per accadere e che accade anche se ti aspetti di no. Un lavoro di scrittura minuzioso sull’interiorità come sulla descrizione di un ambiente, spesso con questo secondo più significativo del primo.

La protagonista è Virginia, una bambina con un fratello cupo e autoritario, Daniel. Vivono in una fattoria di campagna con i genitori e la sorella Esmeralda, quasi ventenne. I giochi e le solitudini di Virginia incontrano un giorno nervoso, quando accusa ingiustamente la sorella di essersi vista con qualcuno; fatto naturalmente non apprezzato da papà e mamma.
La protagonista diventa Virginia, una giovane donna che lascia la casa di campagna per andarsene in città, ben lontana da quella famiglia cristallizzata. Vede gente, conosce un uomo – era ora – e se ne innamora, oppure è solo lui a esserlo davvero, succedono molte cose intime ma finisce. Si parcheggia nella vecchia casa di vecchie cugine, dedite al ricamo e a una vita polverosa.
La protagonista si trasforma in Virginia, donna che torna nella fattoria pate-materna senza lo scopo di ritrovare qualcosa. La sorella Esmeralda è ancora lì, un binario morto durato una vita, inaugurato con un’antica colpa e un malinteso in una giornata di dramma. Finalmente, sotto la luce del vecchio lampadario (il titolo originale è appunto “O lustre”, il lampadario; oppure lo splendore), le due sorelle si parlano.

Alla fine non sappiamo più dove ci troviamo, ma abbiamo capito che gli incontri mancati, le parole da non dire e quelle da ripetere, la giornata dove era meglio uscire prima per risolvere le cose adesso li possiamo capire. Grazie allo sguardo e alla musica di un lavorio interiore, il ritmo giocato fra parola e senso della vita di un’autrice unica.

“Un freddo intelligente, lucido e asciutto percorreva il giardino, le si insufflava nella carne del corpo. Dalla cucina saliva un grido di caffè appena fatto mescolato all’odore dolce e ansimante di erba bagnata. Il cuore le batteva con un doloroso sobbalzo, umido come se fosse attraversato da un impossibile desiderio. E la vita del giorno iniziava, perplessa.”

“Ma io sono testarda e ho perseverato per tutta la vita nella stessa direzione: sopprimere i fatti e privilegiare le sensazioni”, scrive Clarice per definire il proprio stile.

Clarice Lispector, “Il segreto” – ed. La Tartaruga.

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