I corti. La soffitta.

(un racconto di Monica Frigerio)

Aveva compiuto trentasei anni.

Fu pugnalato da un raggio di sole che penetrava dalle persiane semichiuse e fu un grande colpo. Un altro.

Poteva vedere tutta la polvere che ristagnava sulla superficie illuminata dal bagliore improvviso.

Sentì delle portiere sbattute, dalla strada, e gli sembrò che fosse un incitamento a lasciare perdere, che lo incoraggiassero; ma poi la macchina ripartì e lui andò a pestare il piede nello stipite della porta. Era buio.

Non aveva più niente da dire, non sapeva raccontare storie come gli sarebbe piaciuto.

Erano circa vent’anni che ci provava e adesso si era stancato di correre dietro alle parole, provare a combinarle insieme, tramite un ordine logico per creare un’immagine che a qualcuno avrebbe potuto interessare. Non ne era capace.

Estrasse dalla cartelletta che stava sulla scrivania tutti i suoi marci tentativi di dire qualcosa al mondo. Continuavano a tacere. Per poco non si era messo a scrivere di una storia d’amore tormentata tra due ragazzini… poi una notte, in preda al panico, si disse: “Ma cosa sto facendo?”.

Cancellò tutto dal computer e la pagina tornò a essere vergine, di quell’aspetto familiare che lo calmava e lo rendeva nervoso.

Quel giorno era tornato dal lavoro un po’ più tardi. Sebbene gli imponessero di uscire esattamente quando il suo turno finiva, né minuto più né minuto meno, una persona l’aveva chiamato al telefono dieci minuti prima che staccasse e non lo aveva lasciato per trenta minuti. Si chiamava Aldo Piscinas. Aveva delle lagnanze, diceva che avrebbe presto contattato un legale, che avrebbe denunciato tutti. Sì, contattato un legale. Federico era abituato, non si lasciò impressionare, pensò solo “Dovevo fare l’avvocato”.

Si trascinò in macchina il pensiero di Aldo Piscinas, c’erano trentaquattro gradi e l’asfalto era una trappola per topi. Il signor Piscinas gli ricordò il mormorio dell’acqua in una calda giornata estiva.

Salì di corsa le rampe verso la sua soffitta, la vista gli si annebbiò e vide grandi macchie nere balenargli davanti agli occhi. Si chiuse la porta alle spalle, velocemente, come se fosse di fretta; si chiuse la porta alle spalle e si chiese: “Adesso che faccio?”.

Poco dopo il raggio di sole lo colpì. Federico era stanco.

Tolse le chiavi dalla serratura, le gettò dalla finestra senza guardare dove andassero a finire e decise che da lì non sarebbe più uscito.

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