Si parte da una storia vera.
Dal luglio 1936 all’aprile 1939, la Spagna è devastata dalla Guerra Civile: le truppe fascio-nazionaliste del generale Franco aggrediscono il legittimo governo di centro-sinistra, eletto nel febbraio 1936. Da lì inizia la resistenza, che vede migliaia di volontari stranieri in aiuto dei democratici, i bombardamenti tedeschi su Guernica e quelli italiani su Barcellona (una delizia che ci ricordiamo poco…), le fucilazioni di massa, le violenze private, 500.000 o un milione di morti… la vittoria dei fascisti di Franco, che instaura una feroce dittatura fino alla sua morte nel 1975.
Pochi sanno che gruppi di partigiani hanno continuato la resistenza sulle montagne fin quasi la metà degli anni ’50. Tra questi c’è la Pastora, personaggio di ambigua identità e con una fama terribile. La Pastora ha ucciso 29 persone inermi. La Pastora ha occhi di fuoco, non puoi guardarla. La Pastora vive di rapine e sequestri. La Pastora è invincibile, la Guardia Civil non la prenderà mai. La Pastora vive da sola in una grotta, nemmeno gli altri partigiani vogliono avere a che fare con lei.
La Pastora è un mistero che fa rabbrividire nelle notti più buie.
Nel 1959 – e qui inizia il romanzo e la parte di finzione – un cinico giornalista di Barcellona, Carlos Infante, viene convinto a suon di franchi da un criminologo parigino, Lucien Nourissier, a cercare questa obliqua figura di combattente, per studiare un fuorilegge decisamente eccentrico. Da questo momento il ritmo degli eventi, degli incontri e degli scontri, delle azioni audaci o incoscienti, della conoscenza sempre più profonda di sé e della Spagna diventa sempre più vertiginoso, acre, indiavolato. La Guerra Civile è entrata nella vita di ognuno, e ognuno può essere stato vittima, carnefice, delatore; o lo è ancora. Ogni parola può significare tutt’altro. L’onnipresenza della Guardia Civil e dei torti distribuiti a largo raggio diffonde il sospetto tra le mura, i casolari, i vigneti, le osterie. Tra le famiglie stesse. Arrivare alla Pastora significa attraversare un inferno dantesco mascherato, fatto più di paesaggi agresti che di aggressività manifesta. Ma basta un niente per finire nel niente.
Nonostante la durezza della storia, che ci racconta in modo molto concreto cosa può essere una guerra civile, vi si sviluppa il rapporto fra Carlos e Lucien: solo e arrochito dalla vita l’uno, aristocratico e idealista l’altro, uno scontro assicurato. Il loro continuo duello – nell’attesa di incontrare la Pastora – è agile, divertente, filosofico, maschile, acido, alcolico, bugiardo, amicale, sfacciato, catastrofale. Due cialtroni. Ne succederanno di tutte.
È un viaggio nel profondo di due uomini e nell’intimo di una nazione. Stile piacevolissimo eppure grande (quello che ti aspetti in un romanzo del nuovo millennio) che non ci risparmia niente di quello che è giusto sapere. Lo leggi di un fiato, non smetti volentieri, ci pensi durante la giornata e mentre fai altro.
La Pastora – e qui torniamo a ciò che è veramente avvenuto in quella Spagna – ti aspetta in montagna, con il suo mitra puntato sulla tua fronte.
E non avrai di fronte la persona che ti attendi.
Alicia Giménez-Bartlett, “Dove nessuno ti troverà”, Sellerio 2011.