È forse l’esperienza umana più pervasiva, emozionante, significante. Eppure scriverne è sempre complicato. E, tutto sommato, è abbastanza raro trovare letteratura erotica come davvero si dovrebbe… con emozione, comprensibilità immediata, desiderio suscitato dalla sola lettura…
Perché scriverne ci coinvolge personalmente (anche se parliamo di altri) e temiamo di mostrare troppo di noi. Mica che la gente pensi che io voglia davvero… anche se lo voglio davvero.
Perché è comunque un’esperienza sfuggente, sia dal punto di vista fisico che da quello interiore: le sensazioni fisiche, psicologiche, di mente e di istinto sono molteplici, intense, ma anche tutte insieme.
Perché le parole sembrano inadeguate rispetto all’intensità di ciò che proviamo. Non è così, questo aggettivo non dice tutto, quel verbo banalizza, quel dialogo spezzato dal piacere è artificiale. Non era così come me la ricordavo, adesso che ne ho scritto.
Perché molti stereotipi vi si sono accumulati attorno: film, battutacce, pregiudizi…
Perché uomini e donne lo vivono e lo narrano in modo diverso, al limite dell’incomunicabilità.
Perché a tutt’oggi la visione maschile è prevalente.
Perché, con la facilità con cui nudo e persino porno sono a portata subitanea, pare difficile avere ancora qualcosa da raccontare in proposito.
Perché… ognuno avrà di certo i suoi perché.
Scrivere con disinvoltura di sesso è anche un contributo per conoscersi meglio e poterne parlare con serenità e sincerità, infischiandosene di ciò che altri possano pensare di ciò che abbiamo scritto.
Scrivere di sesso è uno slalom e un campo minato fra banalità, volgarità, ridicolo, ideologia, maschilismo, insincerità, moralismo, freddezza.
Scrivere di sesso non è necessario, ma se riusciamo a farlo bene lo spessore dei nostri testi diventa ben altro, i personaggi sono veri, noi stessi ce li sentiamo amici come amica vediamo la nostra nuova immagine allo specchio.