Raramente, molto raramente mi è successo di non arrivare fino in fondo a un libro.
Anche se non mi piace, anche se trovo ostico il linguaggio dell’autrice o dell’autore, penso che sia giusto andare avanti perché forse il bello viene dopo, perché familiarizzarsi con uno stile di scrittura a me inedito mi allarga senz’altro gli orizzonti, e anche per rispetto a una persona che ha fatto fatica a scrivere tutto questo.
A volte – pochissime – non ce l’ho fatta.
Ho smesso a metà “L’età forte” di Simone de Beauvoir: dopo il libro che lo precedeva (“Memorie di una ragazza perbene”, meraviglioso), mi aspettavo un seguito all’altezza; invece ho trovato solo l’eccessivo e compiaciuto sguardo su stessa, irritante per quanto poco gliene importasse del resto del mondo. Giudizio più che soggettivo, certo, e può darsi non faccia una bella figura a esprimermi così su una delle grandi scrittrici del ‘900… tanto più che ho poi letto con piacere altre cose sue… ma, in quello, Simone ha peccato di narcisismo, e non poco.
Ho piantato lì “Paura di volare” di Erica Jong verso pagina 90: oltre agli stessi difetti riscontrati in “L’età forte”, mi ha urtato la continua ansia di colpire, provocare, stupire a tutti i costi; e ricordo uno stile di non particolare eleganza.
Non sono andato oltre pagina 80 del “Manuale del guerriero della luce” di Paulo Coelho. Un testo furbo, costruito, con tutti gli ingredienti e gli aggettivi giusti per evocare un’atmosfera di sapienza a buon mercato; una retorica del buon senso e del luogo comune ammantato di favola; il trionfo dell’astratto e della banalità, dell’infingimento, del farti sentire dalla parte giusta e positiva a suon di facezie altisonanti. Un solenne imbroglio, da qui mi sono sentito veramente preso in giro.
“I canti del caos” di Antonio Moresco mi hanno ospitato fin verso la metà: un testo prolisso, involuto, noioso, contorto e supponente… il senso di liberazione che ho provato nel chiudere definitivamente il volume è stato grande.
Mi sono imposto di capire a fondo un successo editoriale come “Tre metri sopra il cielo” di Federico Moccia. Ma lo stile primitivo, i personaggi privi di cervello e di profondità, la crescente irritazione di fronte a dialoghi insulsi, la pretesa arrogante e sempre riemergente di dire “Ecco, sono il grande autore che capisce i giovani, che sono proprio così!” mi hanno letteralmente espulso dal libro verso pagina 80… dite quel che vi pare, ma è il peggior libro che abbia provato a leggere.
A mio avviso, naturalmente.
sei stato bravo ad arrivare fino a pagina 80! col Moccia. anch’io per curiosità l’ho comprato, ma dopo una trentina di pagine non ce l’ho fatta proprio. piuttosto sono preoccupato perchè per ben due volte non sono riuscito ad andare oltre le prime 50 -60 pagg delle memorie di Adriano, della Yourcenar, è grave?.
Condivido questo tuo post, Luciano, perché anche a me è capitato spesso di leggere libri (il più delle volte ricevuti in regalo!) che non mi hanno soddisfatta e soprattutto mi hanno lasciato l’amaro in bocca. Contenuto e stile sono importantissimi in un romanzo, in una poesia o in qualunque altro testo, che sia un saggio o dall’argomento scientifico. Vorrei citare un romanzo in particolare che non mi è piaciuto affatto ed è: L’insostenibile leggerezza dell’essere di Kundera. Il fatto che l’autore consideri irrilevanti l’esistenza e le scelte di ognuno è per me un’assurdità totale.
E comunque, la lettura di questo romanzo mi ha semplicemente appesantito l’anima, altro che leggerezza… l’ho comunque terminato ma con enorme fatica.
Regalare un libro è un po’ come regalare un indumento intimo, non sempre si fanno le scelte giuste. Sono dell’idea che ognuno di noi è un individuo a sé e ogni lettura viene interpretata in modo differente. Ritengo che un libro deve “calzare” per essere ritenuto bello e interessante dal lettore, esattamente come un indumento intimo che solitamente deve corrispondere per taglia e gusto personale. Non è detto, infatti, che un Bestseller sia valido per tutti. Se un libro vende milioni di copie non è del tutto scontato che sia un ottimo libro… mai basarsi sul marketing di massa! Meglio scegliere un libro secondo i nostri gusti personali.
Grazie Luciano per le tue considerazioni.
Susanna
A me è successo di recente di voler lasciare un libro a metà, per lo stile e la storia, poi però mi son fatta forza e ho continuato e devo dire di aver avuto una bella sorpresa perchè il finale è stato una bella rivelazione. Ma altre volte ho proprio lasciato subito dopo poche pagine, per esempio mi è capitato con “il taccuino d’oro” di Doris Lessing, di cui invece ho letto e adorato Martha Quest.
Esistono libri insopportabili, ma esistono anche libri bellissimi che leggiamo in momenti in cui non siamo disposti ad accogliere il loro clima emotivo o il cui ritmo non è in sintonia col nostro. Più che abbandonarli li archiviamo destinandoli a tempi migliori.