Yayoi è la più giovane (sui 26), la più graziosa, remissiva e fragile, marito e bimbi piccoli. Kuniko, quasi quaranta, egoista e spendacciona, grassa, vanitosa, marito che se ne è appena andato senza lasciarle nulla. Masako, sui quarantacinque, fascino abbagliante quanto duro e scostante, intelligente, solitaria, coraggiosa, marito e figlio adolescente con cui nemmeno parla. Yoshie, saggia ed esperta con suocera malata a carico, sopra i cinquanta, figlia adolescente fuggita di casa e figlia preadolescente senza valori, marito chissà.
Sono colleghe di lavoro: da mezzanotte alle cinque di mattina preparano pranzi in vaschetta per gli impiegati, che hanno giusto quel quarto d’ora per mangiare qualcosa in ufficio. In Giappone va così.
Il giovane marito della bella Yayoi è anche piuttosto stupido. Ha speso quasi tutti i risparmi della famigliola in una bisca gestita dalla Yakuza, la mafia nipponica; si è innamorato di una entraîneuse della stessa bisca, ed è tanto insistente che lo yakuza proprietario della bisca gli riserva una gran manica di botte; torna a casa ubriaco e picchia la bella Yayoi.
Le tre compagne di lavoro intuiscono qualcosa, ma per il momento non osano approfondire.
Qualche sera dopo, stessa scena in casa della bella Yayoi, ma va in ben altro modo: la più graziosa, remissiva e fragile delle quattro strangola il marito con una cintura. Non sto svelando nulla, succede molto presto.
Le tre compagne di lavoro – saltiamo come ci arrivano, materialmente e spiritualmente – decidono che l’amica deve essere aiutata, portano a casa di Masako il cadavere, lo fanno a pezzetti, mettono i pezzetti in sacchetti, portano i sacchetti nei cestini spazzatura di vari giardinetti, e naturalmente nei normali bidoni messi lì dalla nettezza urbana. Rifiuto comune. Non carta, non vetro, non plastica, non organico.
Da qui succede veramente di tutto, nell’animo e nell’esistenza delle quattro casalinghe di Tokyo. Quell’alleanza che aveva permesso alla bella Yayoi di eliminare siffatto maschio dalla sua vita – e senza avere briciole di sensi di colpa – via via le fa entrare tutte e quattro in un mondo di uomini, privo però del tutto di un bagno caldo e di un accappatoio azzurro. Un Giappone di violenza comune, di minaccia privata, di autorità quotidiana che agisce dal posto di lavoro fino al vicinato e al tuo stesso tinello, il potere dei soldi e della mano dura di un uomo sul tuo collo, dell’onnipotenza inflessibile e incredibilmente accettata degli yakuza di quartiere. Un controllo immenso su tutto e su tutti affinché il denaro seguiti a girare, a essere investito, a mostrare futuro e tecnologia. In una società così si può paradossalmente essere sinceri perché è normale pensare alla falsità di ogni sentimento.
Non è detto che per Yayoi, Masako, Kuniko, Yoshie tutto questo significhi sconfitta. Ed è bene non svelare nulla, perché ciò che succede dopo il giro ai giardinetti è una delle narrazioni più vertiginose e tsunamiche tra ciò che ho letto negli ultimi anni. Non per niente, Natsuo Kirino è considerata oggi in Giappone – con la sua scrittura ripida, tagliente, uno Shinkansen della letteratura moderna – la scrittrice più all’avanguardia nel raccontare i demoni del Sol Levante.
Netsuo Kirino, “Le quattro casalinghe di Tokyo”, Neri Pozza 2010.
Buonasera Luciano,
sono Federica (del corso di scrittura del mercoledì). Ho concluso la lettura delle “Quattro casalinghe di Tokyo” e l’ho commentato sul blog “lectoralter”: qualora avesse tempo, modo e voglia di leggerlo, lo può trovare qui – https://lectoralter.wordpress.com/2015/12/08/le-quattro-casalinghe-di-tokyo-natsuo-kirino/. Dal commento che ne ho fatto potrei sembrare l’incarnazione della Scettica; ma poiché altrove appaio piuttosto come la quintessenza dell’Entusiasta, direi che la mia bilancia di lettrice è in equilibrio!
A presto.