Il mio Dottore nell’orto

Ed eccolo qui, è arrivato allo Stazzo, con la 500 familiare e il portapacchi. Il mio oncologo è arrivato con la sua famiglia, la moglie, e i due figli adoloscenti impertinenti e chiassosi. Nella prefazione del libro aveva scritto: “Una sola cosa non ho potuto verificare: lo Stazzo in Sardegna. Sarà davvero così unico? Sarà davvero un luogo magico in cui si mangia solo verdura colta nell’orto. Non ne sono così sicuro, devo prenotare un volo…” Lo ha fatto ha prenotato un traghetto, e una sera di inizio luglio è arrivato. Avevamo accesso le lucine, tirato a lucido le stanze. Abbiamo mangiato “panedda e pane carasau”, bevuto un torbato locale. E’ andato in giro assoporando e misurando la verità, lo Stazzo non è solo una location, ma un luogo, un luogo vero, bello e aspro, inusuale inaspettato. La terrazza sospesa sul fiume Liscia lo ha rapito, scorci e tramonti, chiacchere e aperitivi. E poi il mare, i bagni, la cagnolina trovata in spiaggia, e l’andirivieni sulla SS 133 per accompagnare i figli dagli amici. Il compleanno di Bianca festeggiato in un buon ristorante con tanto di regali e battimani finale. E un pomeriggio, inaspettatamente Riccardo, il figlio 15enne, è entrato nell’orto, ha strappato le erbacce, ha ripulito le aiuole, ha rastrellato i vialetti. Ha lavorato per più di due ore, sudando e appassionandosi. Mi ha presa in giro dicendo che non ero un granchè di contadina. Un inaspettato corto circuito di emozioni e sentimenti.

 

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