Facciamo tardi

FACCIAMO TARDI - Copertina per sito

Pagine: 205
Prezzo di copertina:
15,00 euro (13,00 euro fino al 28 febbraio)
Collana: Sdiario
Formato: brossura
Dimensioni: A5 (15×21)
ISBN: 978-88-98914-59-3

L’affascinante astrofisico sessantenne Giorgio Giannini, che ha  realizzato tutti i sogni della sua vita – una nuova giovane fidanzata, un importantissimo incarico come responsabile di un progetto supersegreto al Cern di Ginevra, fama, soldi e un probabile Nobel – tranne uno:  avere la donna che ha amato molti anni prima.

Quando Giorgio dovrà affrontare l’esperienza più importante della sua esistenza, capirà di non volerla affrontare da solo.

Inizia quindi un viaggio on the road suo malgrado, pur di riuscire a convincere la “sua” Giulia, (brillante studentessa che ventisei anni prima ha misteriosamente abbandonato l’Università e Giorgio, alla vigilia della discussione della propria tesi sulla relatività ristretta di Einstein) a seguirlo in qualità di ricercatrice in un posto lontano e ignoto. Un altro pianeta.

Il professore però non ha fatto i conti con il mondo, quello strano universo fatto di cani bassotti inferociti, madri vecchie ed eccentriche, incontri Reiki: il mondo di Giulia, serena abitatrice e agricoltore del Chianti… un groviglio strano di sentimenti a volte contraddittori, ma pieno e ricchissimo di stimoli e legami. Proprio quello che Giorgio vuole convincerla ad abbandonare.

Riuscirà il famoso scienziato nel suo intento? Per farlo dovrà seguire la donna che ama, viaggiando tra la Toscana e l’Umbria; ma ha pochissimo tempo a disposizione. Si troverà davanti a situazioni inattese e fastidiose, che non potranno lasciarlo indifferente.

Con il suo stile brillante, lucido e poetico Roberta Lepri racconta la storia fantastica di  un sentimento mai sopito, che pare destinato a soccombere al passaggio crudele e inarrestabile del  tempo, e che invece trova sul finale un’ultima, inattesa, possibilità di realizzazione.

Estratto

Quella parte di Toscana era ancora più bella dal vero che nelle cartoline. Il cielo che dal celeste verso sera trascolorava nel giallo e poi nel violetto. I cipressi che si stagliavano nella luce dorata. Le colline divise in rettangoli di verde diverso. Questo a Giorgio non interessava per niente. Pur guardando ogni cosa – l’imbrunire e la conseguente necessità di accendere i fari dell’auto, i cespugli di macchia ai lati della strada da cui facilmente poteva uscire un cinghiale a tutta velocità – semplicemente non ne vedeva il lato estetico. Se fosse stato a New York o a Berlino, cosa che per lavoro accadeva spesso, sarebbe stato uguale. Il suo modo di guidare, fluido ma leggermente nervoso e a scatti nelle curve, denotava tensione. Abbassò lo sguardo compiaciuto sul cambio automatico e pensò che quando era giovane certi lussi non poteva nemmeno immaginarli. Il navigatore continuava a guidarlo in inglese con una voce ragazzina che a lui faceva venire in mente una modella bionda in minigonna.

In realtà aveva studiato il percorso e sapeva a memoria quali curve avrebbe affrontato per arrivare a destinazione. Con Google Earth aveva spiato i contorni bruni e minacciosi del casale di campagna. Forse era una villa ma lui così lo aveva immaginato: un vecchio casale solido e quadrato con l’edera arrampicata sui muri esterni.
Gli venne da sospirare ma si bloccò a metà. In fondo la sua era una specie di missione, niente di particolare rispetto al resto della vita che lo attendeva. Un reclutamento, più che altro. Non c’era niente per cui sospirare. L’uomo sorrise al pensiero del verbo bugiardo che aveva appena pensato: reclutare. Lui stava andando a ritroso nel tempo completamente a caso, questa era la verità. Il che, per uno scienziato del suo livello, era un paradosso. Lui doveva andare sempre e soltanto – e in modo mirato – verso il futuro.

Fermò l’auto in modo brusco e le gomme fecero sulla breccia il rumore di attrito che lui si aspettava. La signorina bionda in minigonna che parlava dal navigatore gli comunicò che era arrivato a destinazione e tacque sull’ultima sillaba perché la fece addormentare con una leggera pressione sul tasto di spegnimento. Rimase un momento fermo. Era ancora in tempo. Poteva tornare a Ginevra e la sua vita sarebbe continuata liscia e avventurosa come previsto. I risultati del suo procedere sarebbero stati annunciati al mondo dall’ufficio stampa del CERN e lui avrebbe rilasciato rare e brevi interviste, sfoderando fascino ombroso e il solito sorriso titubante. Strinse il volante e insieme i denti. Aveva voluto quell’incontro con tutto se stesso. Perciò scese dall’auto. Guardò verso l’alto. Non mancava proprio niente: il latrare di un cane che proveniva da lontano, forse dalla collina vicina, ma pareva arrivare da un altro pianeta; i grilli in sottofondo; le stelle che in mancanza di altre fonti luminose parevano pronte a precipitargli in testa tutte insieme. Alle stelle sorrise chiudendo gli occhi. Si concesse un pensiero fugace che riguardava la propria sanità mentale ma lo accantonò subito tra le cose non rilevanti.

Un piccolo lampione da giardino faceva luce sul portone di ingresso, piuttosto vecchio e scrostato. Nessuna indicazione con il nome della proprietaria. Era chiaro che chi arrivava fin lì, dopo aver percorso varie stradine di campagna dei dintorni senesi, sapeva esattamente da chi stesse andando. A Giorgio però sarebbe piaciuto, vederlo scritto, quel nome. Suonò cercando di non esagerare con la pressione. Lei una volta gli aveva detto che sapeva riconoscere la gente arrogante dal tempo che restava attaccata al campanello.
Intanto però lui era restato con il dito indice sul pulsante, una luce si era accesa all’ingresso, un cane all’interno aveva iniziato ad abbaiare come un pazzo e una donna di mezza età dall’espressione leggermente seccata aveva aperto la porta dopo qualche minuto.

«Buonasera…» cominciò a dire lui.

Poi tutto precipitò, gli occhi misero a fuoco e recuperarono una lunga serie di informazioni dalla memoria, che gli permisero in una frazione di secondo di evitare per un soffio una gaffe memorabile. Così finì la frase.
«Giulia…»
«Ciao, Giorgio!» fu la risposta sicura di lei.

Lui non dava cenno di voler entrare e lei di farlo passare. Restarono così fermi per alcuni minuti. Si guardavano in faccia senza fissarsi negli occhi, ognuno di loro perduto nei propri ragionamenti. In sottofondo il cane che abbaiava sempre più forte, rinchiuso in qualche stanza della casa.
Il pensiero di lui era bloccato sull’irriconoscibilità di quella donna che aveva amato in modo pazzesco. L’ultima volta che l’aveva vista aveva avuto lo stesso identico problema.

Ventisei anni prima, Giorgio Giannini aveva suonato con impazienza il campanello dell’appartamento di Giulia. Lei come sempre era in ritardo e lui era già abbastanza nervoso per tutta una serie di cose che quel giorno erano andate per il verso sbagliato. L’esperimento era già a buon punto e il direttore del dipartimento lo aveva chiamato per dirgli che forse i fondi non sarebbero arrivati nei tempi previsti. Poi lei gli aveva aperto la porta. Bionda e con i capelli stopposi, proprio come la replicante di Blade Runner, film che lui aveva trovato stupido per la post modernità fantascientifica e Giulia splendido in ogni dettaglio. Giorgio aveva fatto una smorfia e poi aveva messo a fuoco. Dove erano finiti i riccioli rossi sul viso dalla pelle bellissima e diafana? Quella era Giulia ma allo stesso tempo non era lei. Aveva cancellato in un gesto di stizza milioni di ricordi legati alla sua immagine. Lui che facendo l’amore le tirava i capelli. I riccioli sul dito di lei mentre studiava. Non c’era più niente.

«Non funziona, Giorgio. Così non funziona.» gli aveva detto appena era entrato.

Non funziona cosa. Poi lui aveva capito. Lo stava lasciando e per farlo aveva dovuto cambiare aspetto. Chissà se per un fatto di credibilità o se per consegnare alla memoria di lui un volto estraneo da detestare.
Giorgio aveva elaborato velocemente una teoria, mettendo da parte la rabbia. Si era piuttosto concentrato sulle parole.

«Ok, Giulia. Capisco che la nostra situazione non sia la migliore del mondo. Vuoi cambiarla, giusto? È il cambiamento che vuoi?» aveva chiesto sarcastico indicandosi i capelli.
Giulia rimaneva, livida, in piedi vicino alla soglia.
«Guarda, lo capisco, hai avuto pazienza. Può sembrare la classica storia del professore con l’allieva ma non è così. Lo sai.»
Intanto che lo diceva stringeva i pugni e si sentiva soffocare. Non sapeva se fosse più la rabbia o la paura.
Lei lo guardava con occhi duri e penetranti. Dall’appartamento arrivavano i rumori della presenza di qualcuno. Lo osservò un’ultima volta e Giorgio capì che Giulia come lui l’aveva conosciuta non c’era più e non sarebbe mai tornata. E così era finita.

Recensioni

Roberta Lepri

Nata in Umbria e cresciuta in Maremma.
Laureata in Lettere Moderne, istruttore subacqueo, appassionata di cavalli, maredipendente.
Un figlio meraviglioso. Un bassotto meraviglioso.
Ha scritto:
Sulla terra a caso (ExCogita, 2003)
L’Ordine inverso di Ilaria (Guida, 2005)
L’amore riflesso (Guida, 2006)
La ballata della Mama Nera (Avagliano 2010)
Il volto oscuro della perfezione (Avagliano 2011)
Io ero l’africa (Avagliano, 2013)
Bella Capanna (Strade Bianche, 2016)
Ci scusiamo per il disagio (Strade Bianche di Stampa Alternativa 2017)
È presente in ventisei antologie di racconti.
www.robertalepri.com