(di Federica Tosadori)
C’è sempre una mattina in particolare in cui ti accorgi che tutti gli uccelli sono volati via.
Dal racconto Corrie
Autore, o meglio Autrice: Alice Munro
Titolo in italiano: Uscirne vivi
Titolo originale: Dear life
Casa editrice: Einaudi
Anno di pubblicazione: 2012
Genere: Racconti
1. Che arrivi in Giappone
2. Amundsen
3. Lontano da Maverley
4. Ghiaia
5. Focolare
6. Orgoglio
7. Corrie
8. Treno
9. In vista del lago
10. Dolly
11. L’occhio
12. Notte
13. Voci
14. Uscirne vivi
Sì, da questo libro in qualche modo se ne esce vivi, giusto un po’ diversi, o forse un po’ più uguali a se stessi, ma come riconfermati, con tutte le accezioni positive che questo termine più nascondere.
Alice Munro è una donna, e si sente. Forse non direi così se non lo sapessi – decido di fare questa obiezione a me stessa; eppure la stratificata delicatezza dei suoi personaggi femminili non può che essere nata da una stessa femminile finezza. Ne sentivo la mancanza senza rendermene nemmeno conto, di racconti e di autrici. Si sente in generale.
Si tratta dunque di un libro di racconti, dieci per la precisione, dieci più quattro, perché le ultime pagine sono dedicate a brevi stralci romanzati, ma in parte autobiografici. Non mi dilungherò sull’ingrato trattamento che viene spesso riservato a questo genere letterario, ma mi limiterò a dire che chiunque consideri il racconto inferiore rispetto al romanzo dovrebbe provare ad accostarsi a questa narratrice formidabile, che ha vinto il premio Nobel per la letteratura giusto l’anno dopo aver pubblicato il testo di cui stiamo parlando.
Si ha l’impressione, trovandosi improvvisamente al culmine centrale di uno di questi racconti, di aver già letto un tomo intero e che ancora si possa andare avanti all’infinito, in quella storia che ci troviamo sviscerata di fronte, quando in realtà abbiamo appena letto otto pagine e ne mancano giusto dieci alla fine. Non si risparmia Alice Munro nel mettere in scena i suoi, o meglio le sue, protagoniste: tutto quello che dobbiamo sapere lo sappiamo dopo poche righe. Ci sembra in così poco spazio di avere davanti una persona completa, qualcuno che è come se avessimo già conosciuto, eppure se razionalmente proviamo ad andare indietro per vedere che cosa ci ha davvero svelato l’autrice, ci rendiamo conto che non ha fatto altro che raccontarci dei dettagli apparentemente insignificanti: un modo di guardare fuori da una finestra, il pensiero fugace di un fastidio quotidiano. Da un nulla esce fuori un mondo interiore che altrimenti non avremmo colto. E subito ci pare di non poterne fare più a meno, di quel tocco sui capelli, di un movimento furtivo, di un ricordo che abbiamo già inconsapevolmente fatto nostro.
Si spezzano di continuo le vicende, che non sono mai lineari nel loro svolgersi, che si mescolano, soppesandosi le une con le altre, in un girotondo temporale che ci fa vedere ogni volta le cose sotto una luce differente. Il passato pesa modificando incessantemente il presente, ma anche il presente ha il suo incredibile potere sul passato. Quello che è stato è cangiante, questo sembrano dirci le voci di ogni personaggio, principalmente donne.
Apparentemente semplice nello stile, la scrittura della Munro nasconde piccole spigolature acute che rendono le già agrodolci sensazioni, ancora più acide da assorbire. C’è sempre qualcosa di irrisolto nelle vite che ci racconta, che si raccontano con coraggio e si affidano alle nostre mani. I periodi sono essenziali ma densi, sgocciolanti tensione.
Dear life e Uscirne vivi: la differenza nella traduzione non è da sottovalutare.
Dear Life sembra l’inizio di una lunga lettera, un elogio alla sopravvivenza vittoriosa. Ma Uscirne vivi non è una lettera, è un pericolo scampato miracolosamente, un periodo difficile di cui ora si possono finalmente raccogliere i resti, sublimarli e sublimarsi. Oltre la nudità percepita, passando attraverso la naturalezza con cui ci vengono raccontate tristezze acute e incomunicabilità mortali, finalmente uscirne vivi.
Saltare giù dal treno doveva comportare un annullamento. Allertare il corpo, preparare le ginocchia a introdurti in un blocco d’aria diverso. Non vedevi l’ora di sperimentare il vuoto. E che cosa ti tocca, invece? Uno stormo immediato di altre cose intorno, decise a reclamare la tua attenzione come non avevano mai fatto mentre eri seduto in treno e ti limitavi a guardarle dal finestrino. Che ci fai qui? ti domandano. Dove stai andando? Hai la sensazione di essere osservato da cose di cui non conoscevi l’esistenza. Di essere tu, l’elemento di disturbo. La sensazione che la vita intorno stia formulando sul tuo conto un giudizio a partire da punti di osservazione a te ignoti.
Dal racconto Treno.