Della Turchia, in fondo, non sappiamo molto. E quello che sappiamo è più vicino a stereotipi da “Mille e una notte” (harem, sultani perfidi, intrighi obliqui, scimitarre) o a ideologie da nemico alle porte.
Orhan Pamuk (Nobel nel 2006) ci mette cinque anni a scrivere “Il libro nero”, il suo romanzo più famoso e profondo, e provvede a sbatterci in faccia la Turchia moderna: un oggi iniziato negli anni ‘20 da Atatürk e sempre a un passo dall’entrata nell’Unione Europea.
Ma a Pamuk non interessa sfatare ciò che noi occidentali sappiamo di loro. Scrive per i turchi stessi, affilando la tesi che neanche loro sanno granché di cosa sono. Risulta emblematico uno dei personaggi – ce n’è una folla – che vivono ne “Il libro nero”: un artigiano di manichini capace di realizzare figure incredibilmente espressive dei turchi tipici… vecchi mestieri, ghigne, modi di atteggiarsi, abbigliamento. Bene: questo genio era fallito presto, i suoi manichini non li voleva nessuno perché appunto troppo turchi, mentre i turchi veri erano angosciati dal fatto di esserlo appunto troppo e di non riuscire a somigliare ai modelli occidentali…!
La narrazione prende spunto dall’avvocato Galip. Torna a casa e non trova più la bellissima moglie Rüya, da tempo insofferente della vita famigliare. Decide di chiedere l’opinione del parente Celal, che conosce entrambi fin da bambini… ma non trova più neanche lui. Inizia una doppia ricerca attraverso una Istanbul dove storia, storie ed epoche paiono sovrapporsi e convivere a ogni girar d’angolo.
Celal non è solo buon parente di Galip, ma un famoso giornalista. I suoi fondi settimanali, da decenni, sono attesi da milioni di lettori del diffusissimo giornale Milliyet. Con ironica serietà, informa sui difetti di tutti, le ambiguità non risolte della storia recente, i modi di dire e di pensare che rallentano una vera presa di coscienza da parte della società turca… l’ammirazione aprioristica per l’Europa, la convinzione di continui intrighi, la presunta onnipresenza del potere (dai sultani ottomani all’odierna polizia segreta) e la necessità di venirne segretamente a patti a costo di diventarne complici… le mille storie di personaggi che intessono il tessuto sociale, le società segrete religiose o esoteriche… il passato bizantino… Celal, l’eroe di tutti ma anche il nemico giurato per alcuni… Celal di cui si dice mandi messaggi cifrati nei suoi articoli, a beneficio o a detrimento di chi sa solo lui… c’è più di un motivo nel fatto che Celal non si trovi più. Ma i suoi pezzi continuano a uscire, ed è molto interessante anche il viaggio in un’opinione pubblica moderna nonostante sia molto giovane, e che lui contribuisce a creare e a difendere.
Naturalmente non è cortese dire se e come Galip ritrovi Celal e Rüya. Di certo – grazie a una scrittura e uno stile grandioso quanto concreto e piacevole – sia noi che i turchi stessi possiamo ritrovare la Turchia più vera.
Uscite di casa – razza di pigri cialtroni dagli occhi annebbiati – e filate subito a comprarvi “Il libro nero”…