(di Federica Tosadori)
la Parola Instabile non ha nulla a che fare con la salute mentale, anche se è, appunto, instabile. In realtà la Parola Instabile vorrebbe proprio evitare il fatto di esserlo, instabile. Insomma, ci terrebbe tanto a liberarsi di quel traballamento tra pensiero ed espressione dello stesso.
Proprio perché non esiste corrispondenza tra le due cose, lo scopo de la Parola Instabile sarebbe quello di ricucirne lo strappo. Eppure ci chiamiamo così perché sappiamo che è una battaglia persa in partenza. L’inceppamento tra significato e significante è il problema attorno al quale ruota la mente umana da un po’ di tempo a questa parte – tanto tempo, forse dall’inizio del tempo. Quindi la Parola resta inevitabilmente Instabile. Il linguaggio può solo girare attorno al concetto, avvicinarvisi sempre di più, fino quasi a toccarlo, ma poi ne viene respinto, come una calamita al contrario. Polo parola e polo senso non si attraggono.
Per questo si balbetta, per questo si viene fraintesi, per questo si gettano all’aria cose importanti: non sappiamo parlare, o per lo meno, non sappiamo parlare come vorremmo. Ma non è colpa nostra. C’è un bug nel sistema. La Parola è Instabile, dondola per un po’ appoggiata sul concetto che sta per esprimere e poi cade lontano dall’albero, come una mela un po’ marcia. Rotola via. Anche adesso. Chissà se quello che sto dicendo ha senso per voi lettori. Sicuramente ha un senso diverso da quello che ha per me. Io sto intendendo… ma che ci provo a fare, tanto non ci riesco.
Qui però, nel grande buco nero che rende l’incontro tra significato e significante impossibile, si insinua la letteratura, e ci passa in mezzo, superando i concetti di spazio e tempo, aprendo un portale dove capita, per istanti assoluti, che si crei un ponte di contatto. A volte la letteratura riesce esattamente a dire quell’unica cosa giusta, la verità, o meglio, la non-verità delle cose. Per questo motivo la Parola Instabile è una rivista letteraria. Racconti, poesie, eccentriche recensioni… Solo in questo scarto la parola veicola se stessa, e tutto di sé: anche il lato oscuro del senso.
Potrei dirvi come funzioniamo esattamente – scegliamo una parola al mese e poi ci giriamo intorno –, quante rubriche abbiamo – tre o quattro, una principale e poi quella legata alla musica, quella dedicata all’incastro di parole assurde l’una con l’altra, quella che sembra un po’ scrittura collettiva –, quanto amiamo i disegni con cui accompagniamo la lettura dei testi… ma la verità è che sarebbe davvero molto più bello se voi atterraste sul sito, e leggeste qualche racconto – sarebbe davvero bello! – perché lì, quello che facciamo, si racconta da solo.
Con amore
La Parola Instabile.