Ho aperto questo blog per scrivere di questa mia attività – le Edizioni del Gattaccio – ma soprattutto per parlare di ciò che ancora mi stupisce… in fondo la scrittura nasce appunto dallo stupore, da ciò che ti sembra strano o bello o brutto o ben o mal combinato.
Resto stupito quando vengono scovati animali mai visti prima. È segno che nulla si ferma, sulla Terra, e che quindi neanche la nostra mente deve restare ferma. Che trovino batteri blu, pesci con abbaglianti e luci di posizione, ragni che saltano a ritmo, serpenti che volano, uccelli dai colori psicotropi, lemuri o scimmiette dagli occhioni dolci e familiari… sì, trovo siano cose da raccontare.
Stesso o anche maggiore attonimento quando qualcuno scorge animali che si pensavano estinti. Abbiamo il passato remoto davanti agli occhi, come non restarne ammirati?
Stupore massimo quando invece vengono trovati altri mondi, pianeti, ammassi stellari da spettacolo. A parte il tradizionale sconcerto di fronte alla profondità degli spazi e del tempo, ciò che mi tocca è la dimensione microlocale di quei posti. Come sarà un metro quadrato qualsiasi su un esopianeta qualsiasi? Che colore avrà la sabbietta del posto che mi si attaccherebbe alle scarpe? Cosa si vede al tramonto, quante lune, quanto tempo ci mette a venir notte? Quali colori sul terreno durante un eclisse colà? Cosa darei per vivere dieci minuti in quei remoti altrove e poterne subito scriverne…
Veniamo a noi umani, con la nostra fragile e spesso mediocre psicologia; non ditemi che non c’è da stupirsi, soprattutto alla domanda: cosa ci è successo nei primi tre anni di vita? Darei perfino quattro minuti sull’esopianeta per sapere tutto della mia preistoria. Soprattutto perché, durante l’esistenza, mi sembra di avere ricordi, atteggiamenti, sensazioni anche molto concrete (quattro anni fa, in un bosco, ho sentito un odore che ricordavo da tempi immemori e non avevo mai più percepito… mi hanno detto essere odore di cadavere… qualcuno aveva assassinato qualcuno mentre avevo sei mesi…? Che bellezza…), parole che avverto avere origine lontana, si svegliano da quel passato, compaiono un attimo adesso e spariscono come sono venute. Abbaglianza pura, non c’è dubbio.
Ciò che costruiamo nella mente e nelle azioni, nei rapporti con gli altri e nei modi di occupare il tempo, nell’allontanare il dolore e prolungare ciò che compiace, la memoria e il sogno. Tutto pare svolgersi in flusso incontrollato e continuo di monologo interiore, che parla a noi stessi ma che nasconde molto di noi stessi a noi stessi. Non ditemi che non c’è da scriverne, giusto mentre siamo letteralmente stroncati di meraviglia.
Per non dire del fascino delle storie, eventi strani o pazzeschi che nascono all’improvviso e si sviluppano nei modi più inaspettati. Ciò che colpisce non è una cosa, ma il suo movimento, quello che diventa e cambia la gente attorno. La storia, la trama, il colpo di scena… tutti lì, a bocca aperta da secoli, da Omero a Homer, da Gilgamesh a House, da Abramo-Isacco-Giacobbe a quello che succede a noi e a persone vicino a noi. Scrivere di corsa – cialtroni io e voi – perché siamo immersi nelle storia come i cellulari stanno immersi nei campi magnetici.
E nelle storie ci sono personaggi che ti attraggono, sono epici ed eroici anche quando perdono, basta che qualcuno ne scriva per distinguerli da ognuno di noi.
Altro che crisi della pagina bianca… stupore, solo stupore che – come lo show – non può che continuare.