(di Isabella Gavazzi)
Jerome K. Jerome (1859-1927) è il maestro dello humor letterario inglese. Famoso per l’opera Tre uomini in barca – per non parlare del cane (1889) e Tre uomini a zonzo (1900), divertenti taccuini di viaggio in cui ai protagonisti accade di tutto, poche volte viene ricordato per una delle sue prime – e a mio parere migliore – opere: I pensieri oziosi di un ozioso.
Questo breve volumetto, che si legge tranquillamente in un pomeriggio di pioggia o in spiaggia sotto l’ombrellone, è un continuo richiamo a situazioni che tutti, nella loro vita, hanno avuto modo di incontrare; l’autore li analizza a tratti in modo serio, a tratti in chiave parodistica. Dedicato alla sua grande amica e compagna di molte ore solitarie, la sua pipa, Jerome passa da argomenti metafisici quale la vanità, la timidezza e la memoria ad altri più concreti, come il cibo, i bambini o gli animali. Questa breve descrizione non gli rende appieno giustizia, rischiando di cadere nel banale facendolo passare per un normalissimo pamphlet di ordinaria fattura, noioso nella media e originale come tanti altri. La novità che Jerome aggiunge, volontariamente o meno, è l’abilità di riuscire a rendere sempre attuale tutto ciò che scrive, sia esso serio, sia divertente, contando che il libro è stato completato nel 1886, cioè un secolo e mezzo fa.
[…] “A me piacciono i gatti. Sono tanto divertenti senza saperlo. Hanno una tal comica dignità, una tale aria da: «Come osate!», «Fatevi in là e non mi toccate!». Nei cani non c’è nulla di altezzoso invece. Sono tutti: «Salve amico, ben trovato!», con ogni Tom, Dick o Harry nel quale s’imbattono. […] Quando volete conquistarvi l’approvazione di un felino, dovete stare attento a quello che fate, e aprirvi la strada con cautela. Se non lo conoscete personalmente, vi conviene cominciare dicendogli «povero micino». Dopo di che aggiungete «mucci mucci» in tono di comprensiva simpatia. Voi non sapete cosa significhi, e tanto meno lo sa il gatto, ma l’espressione sembra indicare un conveniente atteggiamento da parte vostra, e in genere tocca i sentimenti del felino a tal punto che, se siete ben educato e vi presentate discretamente, inarcherà il dorso e vi soffregherà il naso addosso.”
Una vena umoristica che non nasce dalla vita agiata sua o di parenti: Jerome trascorse un’infanzia di povertà nel quartiere dell’East End londinese, in situazioni economiche e familiari più che precarie. Riuscì a raggiungere la tranquillità finanziaria solo da adulto grazie ai suoi volumi che, con garbo e buon gusto, criticavano proprio le abitudini di vita della classe media, la stessa a cui lui apparteneva e che acquistava con interesse e divertimento i suoi testi.
Quindi un ozioso in cui anche noi, da oziosi contemporanei, possiamo immedesimarci, oziando di tanto in tanto.
Un detto diceva “l’ozio è il padre dei vizi”, ma nel caso di Jerome, che grazie a questo peccato ha scritto un libro, possiamo affermare che l’autore sia l’eccezione che conferma la regola.