Non doveva finire così

NON DOVEVA FINIRE COSI' - Copertina

Pagine: 166
Prezzo di copertina:
15,00 euro
Collana: Narrative
Formato: brossura
Dimensioni: A5 (15×21)
ISBN: 978-88-98914-44-9

Non doveva finire così è un romanzo – anomalo e coraggioso – che racconta la crisi di uno scrittore che d’improvviso si trova in conflitto con il personaggio letterario che lui stesso ha creato. La controversia nasce per il fatto che il romanzo, un noir, che doveva finire in un certo modo, si conclude in maniera totalmente differente, lasciando esterrefatto lo stesso autore. Il protagonista d’improvviso si ribella, esercita il libero arbitrio e fa terminare la storia a modo suo: con un omicidio.

Lo scrittore va in crisi, si sforza di capire come mai il personaggio ha preso il sopravvento sulla sua volontà, dove e quando ha sbagliato e per farlo ricostruisce passo dopo passo tutta la trama del suo romanzo, cercando di scovare quel momento in cui qualcosa è andato storto. È un percorso tormentato che lo scrittore ripercorre con sofferenza perché tocca anche tematiche che evidenziano le sue inquietudini, i suoi rapporti con la famiglia, i figli e gli amici.

Il libro dunque si sviluppa su due piani: su uno il noir vero e proprio, una trama che   parla di giovani, droga, delinquenza, carcere e quant’altro; sull’altro la crisi professionale ed esistenziale dell’io narrante.

Estratto

Se è vero, ed è tragicamente vero, che la polvere bianca, la neve, la bamba, chiamiamola come vogliamo, insomma, se è vero che la cocaina crea dipendenza, Loretta ne diventò la testimone più credibile.

Dopo aver sniffato una sola volta, una sola, si ridusse già in stato di schiavitù. Ciò che sentì nello stomaco la sera dopo la prima striscia non era ancora crisi di astinenza, né avrebbe potuto esserlo, ma comunque un intenso parossistico desiderio, che si sarebbe presto dimostrato altrettanto letale.

Abituata a non rinunciare a nessuna delle cose che le piacessero, ventiquattro ore dopo il battesimo della cannuccia Loretta andò a cercare altra coca da sniffare.

Non fu difficile trovarla. La città era sommersa dalla neve.

Le prime strisce le ebbe gratis. Poi a pagamento, qualche tempo dopo a credito, più avanti in cambio dell’anima.

La solita storia.

La solita storiaccia.

Niente di nuovo sotto il sole. Niente di nuovo in narrativa. Prima di me in centinaia, sotto tutti i cieli, avevano già scritto queste storie. Ma questo non mi fermò. Non sempre è necessario ricercare l’originalità. Spesso per uno scrittore è più efficace rivisitare situazioni già illustrate da altri.

Quando incominciò con le droghe pesanti, Loretta, come ho già detto, stava stancamente finendo il liceo. Strappato con i denti il diploma, più per inerzia che per reale impegno, decise di chiudere con i libri. Studiare richiedeva troppa fatica, troppi sacrifici. Non era roba per lei.

I genitori per qualche tempo le chiesero che cosa avesse intenzione di fare, se iscriversi all’Università e, nel caso, a quale facoltà, oppure cercarsi subito un lavoro, favorita dalle conoscenze del padre. Lei rispose che aveva bisogno di un periodo di riflessione, voleva pensarci bene.

«Per non prendere decisioni di cui un giorno potrei pentirmi mi serve un anno sabbatico» disse.

Papà e mamma convennero che era una decisione saggia – «Sempre saggia la nostra Loretta» – e non le ruppero più le balle.

Chiuse anche con i suoi tre fidanzati. Erano tutti e tre troppo infantili, bamboccioni tremebondi che avevano paura della vita. Per loro il massimo della trasgressione era rappresentato da una canna e un’intontita di birra il sabato sera. Li mollò tutti e tre nello stesso giorno e alla stessa maniera: con un sms gelido, come è diventato d’uso lasciarsi in questi tempi scostumati.

L’avevo immaginata così Loretta. Irresistibilmente affascinante quando voleva essere affascinante, odiosa e scostante quando decideva che una persona non le interessava più.

A quel punto mi venne il primo dubbio. Avevo fatto bene a darle queste caratteristiche? Non avevo per caso esagerato nel disegnarla tanto viziata, superficiale e capricciosa?

Lello Gurrado

Nato a Bari nel 1943. È giornalista dal 1965.

Dopo aver fatto uso di libri che parlavano di droga (“Gli sdrogati”, “Mamma eroina”, “Don Mazzi, un prete da marciapiede”), ironizzato sul proprio mestiere (“Il mestieraccio”, “Se ho smesso io”), ucciso una libraia (“Assassinio in libreria”), arrestato un giallista (“La scommessa”) e fatto una carneficina in diretta TV su un’isola maledetta (“Nomination”)… dopo tutto questo, più due libri più banali legati alla cronaca (“Khomeini e la questione iraniana”, “San Siro, la Scala del calcio”), ha cominciato a scrivere romanzi di denuncia. Prima ha raccontato la crisi di un padre al bivio tra resistenza al lavoro e pensionamento (“Invertendo l’ordine dei fattori”), poi ha denunciato le discriminazioni e il razzismo esistenti nella società di oggi (“Fulmine”), perfino in modo grottesco e divertente (“Nel gommone”).